♦ Despoetizzare™ la società scolarizzata

La borsa della poetessa
by gaudio  malaguzzi


C’era stata  in apparenza quella volta un fatto straordinario, non che la vetrina fosse in frantumi e lo zaffiro era sparito, e nemmeno che all’improvviso l’editoria del capitale avesse di colpo abolito la pubblicazione dei poeti dialettali, era successo che la figlia di un editore ebbe la borsa per seguire un corso di dottorato e, apriti cielo, chi le aveva dato la borsa era nientemeno la professoressa poeta, non solo edita dal padre della borsista ma anche dall’editore massimo della poesia, quello che, nel tempo libero, e quando aveva incarichi per amministrare in toto la cosa pubblica, si dilettava col burlesque; ma quello che lasciava attonito il poeta era che  di tale poetessa provò a chiedere in giro, questo fece: che tu sappia, che cos’è che distingue, connota, effettivamente fa poeta quella donna della scolarizzazione nazionale, ha uno stile particolare, è maestra di una particolare imposizione del verso, lo stende, lo flette, lo arcua, che andatura ha il suo step-style? E il poeta fu lasciato attonito, non c’era uno, nemmeno tra gli addetti ai lavori, che sapesse pronunciarsi in merito, o che si azzardasse a dire : gli unici indizi sono un capello biondo trovato nel museo e una dozzina di impronte digitali sulla copertina del libro, tutte dell’alluce. La poesia, quando te la pubblica l’editore che fa burlesque, o il padre della figlia che forse ti fa anche la presentazione, allora Mallarmé che cazzo diceva? Che andava blaterando quando profferiva che un libro si presenta da solo, che devo premettere, che cosa vuole che le scriva, scriva lei il suo libro, prenda i soldi, faccia un assegno e la smetta di fare il poeta clandestino, ‘che l’assegno è tracciabile, a meno che non viene emesso a tua insaputa, ma dovresti avere un benefattore, uno sponsor, come gli chiese quello che curava la collana di poesie dialettali alla Marsilio, così gli disse, poesie dialettali, e invece poi pubblicava anche i poeti che fanno in lingua nazionale, e allora lui si mise a fare questo poema in dialetto e poi l’amico gli disse che aveva finito la liquidazione, o il tesoretto, o non so che cosa, il budget, e quindi se hai uno sponsor e se poi lo presenti all’Università della Calabria dove che ci vuole presentano tutti i poeti acclarati e acclaranti e acchiappanti, e il poeta disse all’amico , ascolta, ti ci hanno mai mandato o ci sei mai andato da solo, e hai fatto prima la prenotazione e il biglietto hai usufruito dello sconto, sotto le feste, ne fanno delle promozioni, insomma, datti da fare, cerca di prenderlo quel treno, quell’aereo, quella nave da crociera, quel calesse e vai a cagare!

La poetessa intanto ha dovuto dire alla figlia del suo editore che non si fa niente, la borsa se la son presa altri, così va il mondo, che dobbiamo fare, noi facciamo scuola in barba a qualsiasi postulato di Ivan Illich, figurati, chi cazzo era quel monaco del cazzo,che, poi, se vai a vedere l'ha pubblicato il mio stesso editore(1), poeta da strapazzo, calabrese fuoruscito e solo nella notte della cultura, io faccio scuola e la faccio e la farò fare a chi dico io, fosse pure la figlia o la nipote del mio editore che fa burlesque, che, se è il caso, le faccio dare una borsa al dipartimento dello spettacolo o delle lingue straniere o quell’altro ancora della televisione, che anche lì il massimo esponente è sempre chi è dall’ordine della P(oesia) che è venuto a farsi cavaliere della nazione tutta e di noi cittadini illetterati e incolti ma laureati a pieni voti con una tesi anche sulla mia poesia o su “Striscia la notizia”.

(1)Difatti, vedi: Ivan Illich, Descolarizzare la società© 1970, 1971; trad. it. Mondadori editore, Milano 1972.