♦ La našca di Giulia



La našca e il carattere sanguigno di Giulia
by Gaudio Malaguzzi
 Aliano © Rocco Giove

Nei pressi di Sant’Arcangelo, il paese famoso per aver dato i natali al cardinale di Napoli indagato dalla Procura di Lagonegro, in una locanda sperduta nella quale anni fa mi ero ritirato per diverse settimane nell’intento di vedere quanto meno gente possibile e di scrivere il trattato di astrologia e caratterologia francese, per il quale avevo avuto ben due contratti, grazie ai quali l’anticipo dei due editori mi serviva per pagarmi il soggiorno, nonostante queste terre appartengano ai miei avi per via materna, quantunque stento ancora a credere che chi si sia data ufficialmente come mia madre lo sia mai stata effettivamente e affettivamente. Comunque, quando andavo a fare provviste a Sant’Arcangelo, e mi accompagnavano i signori che mi avevano dato albergo,  pur andandoci controvoglia  anche se ogni volta ero turbato dalla potenza mesomorfa della signora che con una gonna grigia abbastanza stretta abbagliava non solo l’occhio del poeta, incontravo sempre un signore che , avendomi conosciuto come scrittore, asseriva di aver scritto la vera storia di Giulia la santarcangiolese di cui al “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi. Tra l’altro, mi diceva, amava molto il tonno di Pizzo Calabro che, con la cipolla di Tropea, formava un binomio favoloso. Aveva bussato presso parecchi editori per pubblicare la vera storia di Giulia che, stando a quanto asseriva, doveva essere una mia antenata, essendo, da quel che disse, una sorella di mia nonna o forse una cugina, e aggiunse una volta, mentre caricavamo il carrello con non so quante confezioni di tonno di Pizzo Calabro, che la tale era stata amata anche da suo padre e da suo zio, però di queste storie non aveva prove documentali, quantunque, questo disse un’altra volta, è risaputo che quello che chiamano il figlio di Giulia sia in realtà figlio di suo zio o di suo padre, ma anche il nonno pare che avesse fornicato con Giulia, anche se Giulia, all’inizio, non voleva proprio saperne ma, dopo mesi di , così disse, “estenuante lavoro con la pala”, alla fine era riuscito a toccare con le sue mani quello che in paese veniva indicato come il “tesoro nascosto di Giulia”. Mi disse anche che avrei potuto inserire, nell’appendice fisiognomica e caratterologica del mio trattato, il cosmogramma di Giulia e svelare al mondo intero il carattere non-emotivo, attivo, primario, ovvero “sanguigno”, di Giulia fosse alla base del predominio dei vestiboli, in primis quel suo gran naso, la nasca di Giulia, disse, che, come asseriva Fliess, questo mi disse il mio interlocutore, corrispondeva in tutto e per tutto alla grossa … di Giulia, e, mi permetta, aveva un sedere Giulia che, negli stessi anni, potevi rinvenirne qualche esemplare simile solo nell’Asia meridionale, e io, lo ricordo, commentai, un culo patagonico, nel senso di Baudrillard, dissi, e il mio interlocutore aggiunse: Altro che Patagonia, quello era tutta l’Argentina! 



Quando andammo all’ufficio anagrafe a cercare l’atto di nascita di Giulia, nonostante ci fossero addetti imparentati sia con mia madre che con il mio interlocutore e con i signori che mi stavano tenendo in albergo, trovammo non poche difficoltà, come se, avendo tolto il coperchio, scopri che nella pentola non c’è assolutamente niente, cosicché non solo non potei redigere il cosmogramma di Giulia, né farle la scheda caratterologica e la comparazione astrologica, ma pensai addirittura di non fare più il libro per nessuno dei due editori che mi avevano dato, ognuno, un bell'anticipo, che, ormai, avevo speso l’ultima porzione per vedere come la mia ospite stava dentro un paio di mutande di seta della Perla, che, stando a quanto un giorno mi fece capire, era imparentata, per via di sua madre, con Giulia e,anzi, tutti dicevano che chi aveva ancora negli occhi Giulia quando vedevano lei, specialmente al supermercato  insieme a me e al marito, era Giulia in tutto e per tutto che vedevano.Io, a guardarla in mutande, le dissi: Hai il naso di Giulia, è vero! E lei girando la testa: “La našca di Giulia”[1].


[1] Non posso non dire che, rammentando che Devoto e Giacomelli, nei Dialetti delle regioni d’Italia, ebbero a scrivere che è notevole nella zona meridionale della Basilicata(come nella Calabria settentrionale) il mantenimento della desinenza –S e –T di 2^ e di 3^ persona singolare(rafforzata da una vocale epitetica), che viene a costituire un interessante arcaismo, a vederla con le mutande “La Perla”, finii col dirle: “Giulia, tènisi nu…na našca!”(“Giulia, tieni un…un naso!”), tanto che lei volle restituirmi l’arcaismo e proferì rispettando la regola della desinenza: “Ti piaciti?”(“Ti piace?”)