SCRITTORE DI PROFESSIONE│DAGLI ANNI SETTANTA

Scrittore di professione
Andrea Bajani racconta perché ha voluto che glielo scrivessero sulla carta di identità
11 maggio 2011
Sul Sole 24 Ore Andrea Bajani – scrittore, appunto – racconta come lo è diventato di fatto e di nome.
Nell’epoca del professionismo a tutti i costi, degli specialismi, anche lo scrittore è diventato un mestiere che ha diritto a un biglietto da visita nel portafoglio. È stato credo nell’autunno del 2007 che ho tentato di diventare uno scrittore professionista. Ho aperto una partita Iva e sono andato all’ufficio anagrafe a richiedere l’attestazione, sul documento, della mia professione. Pretendevo soltanto che mi certificassero il mio vivere della mia scrittura, tra libri, interventi sui giornali, letture. Insomma, ero pronto a intervenire patentato, come un professionista con la sua valigetta. Ecco, quando ho messo Scrittore sul foglio della richiesta, l’impiegata dell’anagrafe, perplessa, ha guardato prima me, poi ha sfilato da un cassetto un foglio. Con la punta del dito ha passato in rassegna un elenco suppongo di professioni, poi si è alzata, è andata a consultarsi con gli altri impiegati, è tornata a sedersi, e mi ha detto Non esiste la professione di scrittore. Ah. E quindi?, le ho chiesto deluso e già sul piede di guerra. E quindi, mi ha detto lei archiviando la pratica, è un hobby.
(continua a leggere sul sito del Sole 24 Ore)

Io, del comune denominato Trebisacce,  sono (stato) Scrittore di professione dagli anni settanta...

Io, a Torino, negli anni di piombo, abitavo in via Pietro Micca, e giravo(non solo per le passeggiate di mezzogiorno) per via Roma , via Po, piazza San Carlo, via Cernaia, alla Crocetta,  come Scrittore di professione con in tasca la carta d’identità rilasciata dal comune denominato Trebisacce, che, nonostante il nome, non è montano, anzi è il porto di destinazione dei pellegrini( ecco la ragione delle bisacce) che, a dorso del ciuccio, sono scesi per più generazioni a impadronirsi degli averi e della fiscalizzazione dei miei avi e di quel che, secondo la loro stessa fiscalizzazione, dovrebbe essere il mio paese.


N.B. Ma all'articolista, autore di questa traversia anagrafica, non sarebbe bastato indicare la ragione della sua professione in  quello che una volta era il modello 740 - di cui una copia è lì al comune di residenza fiscale in bella mostra - dal quale si sarebbe potuto evincere che i suoi introiti fiscalizzati erano, tutti o la maggior parte, imputabili a quella attività che il fisco codifica(va) con il numero 8000?
Se, poi, il reddito dichiarato sta più da un'altra parte, mi sembra che l'attività , o la professione che sia, da indicare sulla carta d'identità debba essere, appunto, quest'altra...